VI DOMENICA DOPO IL MARTIRIO DI SAN GIOVANNI
L’anno giubilare si sta avviando pian piano verso la sua conclusione e, in quanto pellegrini di speranza in un mondo dove sembra sempre più difficile trovare le ragioni per continuare a sperare, anche oggi, Gesù ci offre la sua vita che si affida, ama e che, proprio per questo, è stata più forte anche della morte, come àncora cui aggrapparci noi innanzitutto, così da permettere ad altri di farlo.
Nella prima lettura, la vedova e il suo unico figlio sono segno di speranza nell’accogliere Elia che fugge da chi lo vuole uccidere e anche nel gesto sofferto di condividere il poco che avevano per sfamare il profeta: tutto questo è restituito a loro, da Dio, come grazia e benedizione moltiplicata.

È la promessa contenuta anche nel Vangelo di Matteo: “chi accoglie voi (Gesù sta parlando ai Dodici che invia in missione) accoglie me e colui che mi ha mandato… e non verrà meno la sua ricompensa. Chi avrà dato da bere anche un solo bicchiere d’acqua fresca a uno di questi piccoli perché è un discepolo, non perderà la sua ricompensa”.
E anche i consigli dell’autore della lettera agli Ebrei: “l’amore fraterno resti saldo. Non dimenticate l’ospitalità… ricordatevi dei carcerati, come se foste loro compagni di carcere, e di quelli che sono maltrattati, perché anche voi avete un corpo… la vostra condotta sia senza avarizia; accontentatevi di quello che avete”, sono legati ad una promessa di Dio: <<Non ti lascerò e non ti abbandonerò…>>.
Dio non ci chiede cose eccezionali per riversare su di noi la sua grazia: gli basta trovarci disponibili ad offrire un bicchiere d’acqua a chi ha sete.
Quali segni di speranza sono capace di generare io in famiglia, a scuola, nell’ambiente in cui lavoro, nella mia comunità cristiana e civile, nei confronti di chi è più debole e fragile, così che Dio mi possa riconoscere come suo figlio?
Buona domenica e tanti auguri ai festeggiati! Don Alberto